Quante volte, prendendoci un po’ di tempo, scopriamo tesori impagabili negli stili di vita di chi ci ha preceduto ed ha consentito il lento formarsi della civiltà in cui oggi viviamo, con le sue ricchezze e le sue contraddizioni?
Xenìa, una semplice parola greca che raccoglie un pensiero, un atteggiamento, una visione che per tanto tempo, qui, nella nostra Città, ha racchiuso il desiderio di conoscenza.
Questa parola nelle nostre terre è sempre stata utilizzata per raccontare quel fenomeno che dava allo straniero il calore dell’accoglienza, che ricambiava con le notizie dalle terre d’oltremare.
Ecco che, con questo meccanismo, ognuno diventa la ricchezza di conoscenza per i popoli che visita e lo accolgono, e la cultura di ogni popolo diventava patrimonio di tutti.
Oggi, tornare a parlare di Xenìa potrebbe volere dire parlare di un cambio di atteggiamento nei confronti di chi lascia la propria terra, per i motivi che lui solo conosce, e approda sulle nostre coste entrando in un paradigma che ci scosti, certamente dal rifiuto, ma anche da un approccio che potremmo definire assistenzialista.
A pensarci bene, anche con i migliori propositi, si potrebbe correre il rischio di essere paternalistici del nostro modo di accogliere, preoccupandoci, certamente, dei bisogni che sono definiti primari delle donne, degli uomini, dei bambini che accogliamo quotidianamente, o che incontriamo per le strade, e che però hanno bisogno non solo di cibo e di vestiti, di pannolini e coperte, ma anche di essere veramente accolti, per ciò che sono, per quella che è la loro storia, perché questo possa arricchire la nostra storia, i nostri racconti, la nostra esperienza di Umanità.
Mi piace pensare ad una società possibile nella quale si torni all’antica Xenìa, dove ognuno possa portare il proprio contributo, con piena dignità umana, per potersi raccontare e perché la propria storia arricchisca la storia dell’altro.
È vero, perché questo avvenga, ognuno dovrà rinunciare a qualcosa, a un po’ del proprio pane, a un po’ del proprio spazio, a un po’ del proprio pensiero… ma quanto potremmo avere in cambio!
Demetrio Fiordaliso