Previous slide
Next slide

Agenda 2030: quale futuro? Giancarlo Bellina
Scuola Ecologica Unicef Adriana Dirutigliano
Tutela Ambiente e Territorio Giuseppe Di Paola 

Cari Amici Kiwaniani,

ben trovati e buon anno sociale 2024-2025.

Anche quest’anno ho l’onore e il privilegio di coordinare l’area dei Service distrettuali che si occupa di Ambiente, Sostenibilità e Agenda 2030.

Voglio dunque, prima di tutto, ringraziare il Governatore del DISM Stefano Farese e il Past Governatore Angela Catalano, coordinatrice dei Services Distrettuali, per avere riposto ancora una volta sulla mia persona la fiducia nel riconfermarmi Chair dell’AREA Ambiente.

Il tema affidatomi è particolarmente rilevante, strategico e di urgente attenzione da parte di tutta la Comunità Internazionale e dunque sarà mia cura mettere a disposizione il mio impegno, la mia professionalità e il mio alto senso di responsabilità per rendere il Kiwanis protagonista nella sfida epocale della lotta ai cambiamenti climatici e nella promozione di iniziative e progetti mirati a sostenere il processo trasformativo della transizione ecologica per virare verso un modello di sviluppo sostenibile e di economia circolare.

Desidero dunque iniziare questo virtuoso percorso insieme a tutti voi con una  breve nota introduttiva, riflettendo sul tema del Service assegnatomi, Agenda 2030: quale futuro?

Siamo oramai tutti consapevoli che urge prenderci cura del nostro pianeta e di transitare da un modello di sviluppo lineare (business as usual, ad alto spreco di risorse e alta produzione di rifiuti) ad un modello di sviluppo circolare, basato su un’economia reale ed efficiente, capace di tornare a puntare sugli investimenti infrastrutturali, come vero motore dell’economia, dell’occupazione e del bene comune.

Si tratta di puntare su un modello di sviluppo basato su una migliore qualità complessiva della vita, ben sintetizzato dai 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030  sulla Sostenibilità: sostenibilità sociale, ambientale, economica e istituzionale, quest’ultima nuova quarta gamba del tavolo, imprescindibile per attivare un modello integrato di sviluppo.

Secondo gli impegni definiti dal green deal europeo, i paesi membri devono ridurre di almeno il 55% le emissioni di gas serra entro il 2030, per arrivare allo zero netto nel 2050. In funzione di questi obiettivi si pone il problema di offrire dei criteri uniformi e validi per tutto lo spazio economico europeo a cui potersi riferire nell’assumere le decisioni di investimento, alla luce del loro contributo alla sostenibilità ambientale e alla transizione energetica. Una sorta di mappa da mettere a disposizione dei governi, delle agenzie di rating, dei fondi, delle banche e degli investitori pubblici e privati.

Gli scenari internazionali prevedono un aumento della domanda di energia primaria nel mondo di circa il 30% nei prossimi 2 decenni, con le fonti fossili che copriranno circa il 75% del totale.

E secondo il Global Footprint Network gli umani stanno consumando risorse a un ritmo superiore a 1,7 volte più velocemente di quanto il pianeta possa rigenerarle.

È comprensibile allora perché il World Economic Forum ha posto l’ambiente in testa al suo rapporto 2024 sui rischi globali, mappando tra quelli più rilevanti nella top five in termini di probabilità e di impatto, gli eventi meteo estremi, l’inadeguata mitigazione ai cambiamenti climatici, i disastri naturali e quelli causati dall’uomo.

Dobbiamo pensare alla Transizione Energetica ed Ecologica come all’equivalente di una polizza assicurativa che serve a proteggere noi stessi e il pianeta e a garantire anche alle future generazioni una qualità della vita almeno come quella che abbiamo vissuto noi e i nostri predecessori. La brutta notizia è che siamo già molto in ritardo.

Diverse sono le opzioni tecnologiche per il raggiungimento della neutralità carbonica.

Al momento nessuna tecnologia può essere trascurata e sarebbe una scelta errata, sia da parte del mondo imprenditoriale che da quello politico, puntare tutto su una sola linea tecnologica di sviluppo, peraltro con regolamentazioni discutibili.

Riteniamo invece vincente un approccio olistico, globale e inclusivo, aperto ad un mix di tecnologie, come d’altronde sta accadendo in diversi paesi europei, con l’auspicio che le scelte governative possano adeguatamente supportarle così da avere concrete possibilità di superare insieme la sfida ai cambiamenti climatici.

In sintesi, perché l’agenda 2030 abbia un futuro ancora sostenibile occorre privilegiare l’etica delle responsabilità all’etica delle convinzioni e puntare ad una transizione ecologica, o forse meglio ancora antropologica,  equa, inclusiva, che non lasci indietro nessuno e che si basi sul principio della neutralità tecnologica come condizione essenziale per raggiungere l’ambizioso traguardo della neutralità carbonica. 

Sulla base di queste preliminari considerazioni svilupperemo nelle prossime settimane il piano operativo degli obiettivi che possano guidare tutti i club del DISM a sviluppare progetti e iniziative concrete nell’ambito della magna carta della Sostenibilità rappresentata dall’Agenda ONU 2030.

Un abbraccio a tutti e a presto.

Giancarlo Bellina