KC Francavilla al Mare e la Costa dei Trabocchi – Conferenza sulla Battaglia di Lepanto nel giorno del Passaggio della Campana

La conferenza, a latere della cerimonia della Charter e del passaggio del martelletto, è stata tenuta dallo storico Marino Valentini, che ha trattato sulla Battaglia di Lepanto e della partecipazione abruzzese della provincia di Chieti (Abruzzo Citeriore) allo storico scontro.

La scelta dell’argomento storico trae spunto innanzitutto dalla data dell’evento Kiwanis di domenica 6 ottobre 2024, quale vigilia della ricorrenza della Vittoria della Cristianità nelle acque di Lepanto. Inoltre, la circostanza secondo cui la partecipazione abruzzese all’evento bellico, era scaturita dall’antefatto di cinque anni prima, allorquando Francavilla al Mare e l’intera  costa chietina (attuale Costa dei Trabocchi) furono, loro malgrado, lo scenario di morte, devastazione, ruberie ed altre efferatezze causate dall’incursione dei pirati saraceni affacciatisi sul litorale abruzzese con oltre cento navi al comando di Pialy Pashà.

Il bottino più importante di questi predoni, che rimase nella memoria della cittadinanza locale e anche nei propositi di rivalsa da parte di quei 500 di Chieti e Provincia che si imbarcarono alla volta di Lepanto, era costituito dal rapimento di giovani che vennero incatenati vita natural durante ai remi delle galee turche, di bambini in tenera età da avviare a un percorso di educazione islamica e militare per ingrossare le future fila di quella forza di elite ottomana che va sotto il nome di giannizzeri e infine di quelle ragazze che si distinguevano per grazia e avvenenza, destinate a integrare a Costantinopoli gli harem del sultano e degli alti dignitari turchi. È curioso il fatto che tale bottino, che nel lessico turco dell’epoca era chiamato “bardag”, sia rimasto sin da allora ben impresso nell’immaginario collettivo locale, se è vero che il nostro dialetto, per indicare bambini e ragazzi di ambo i sessi, tuttora impiega il termine bardash.

Quando cinque anni dopo, nel 1571, le città cipriote di Famagosta e Nicosia, allora sotto il protettorato veneziano, caddero in mano turca dopo un lungo assedio e i rispettivi comandanti vennero orribilmente uccisi, nonostante la falsa promessa di aver salva la vita, nell’Occidente europeo si ritenne che la misura fosse ormai colma, di fronte al pericolo che l’impero ottomano e l’Islam potessero invadere i territori della Cristianità.

Così, sotto il nome di Lega Santa, più di duecento navi salparono dai rispettivi porti di Spagna, Venezia, Napoli e Genova per riunirsi nei pressi di Messina, per poi muovere il 16 settembre verso oriente nel Mar Ionio davanti alla Grecia.

Come detto, venne armato uno contingente tutto teatino, al comando dei capitani Giuseppe Persiani e Pietro Gasbarri, composto da duecento cittadini di Chieti e trecento della sua provincia, tutti volontari.

Il mattino del sette ottobre 1571, prese avvio la sanguinosa battaglia di Lepanto con oltre trentamila uomini, tra morti e feriti, che ebbe termine nel pomeriggio di quel giorno arridendo alla flotta cristiana. Il comandante in capo della Lega Santa, il giovane don Giovanni d’Austria, innalzò sull’albero maestro della sua ammiraglia lo stendardo della vittoria della cristianità sull’Islam, ossia un drappo rosso damascato, su cui era dipinto il Crocifisso tra gli apostoli Pietro e Paolo. Dalle galee vincenti si alzò un’unanime invocazione divina rivolta alla Vittoria cristiana al grido di Viva Maria! Anche dall’imbarcazione teatina, a voce alta, si levò la medesima esclamazione, intervallata dal grido Viva Giustino, a ricordo dell’assedio turco alla città di Chieti avvenuto più di 500 anni prima, risoltosi con l’affermazione chietina, grazie all’intercessione miracolosa di San Giustino. Tutte le galee della flotta vincitrice issarono sui propri alberi i loro vessilli d’appartenenza; tra i tanti, di colore rosso, giallo e bianco, se ne distingueva uno di colore azzurro che garriva al vento della tempesta in arrivo, stagliandosi nell’orizzonte vittorioso delle nubi di Lepanto: recava l’immagine di Achille a cavallo, simbolo della città di Chieti.